[I DIARI DI URBIKERZ] L’Eroica XXV di ZioBici e dei suoi undici nipotini (testo di omino71)


L’Eroica XXV di ZioBici e dei suoi undici nipotini

di omino71, foto di ZioBici e dei suoi nipotini



Presentiamoci (in stile “ciclisti anonimi”)

Ciao a tutti, mi chiamo omino71 – nonstreetartista – e sono un ciclista da 365 giorni, cioè da quando ho visto VidiBiciSushi e sono stato catapultato nel magico mondo degli eroici. Senza sapere da che parte iniziare mi sono affidato al signor eBay che, per la bellezza di 140 euro (spedizione inclusa), mi ha recapitato a casa uno scatolone con i pezzi smontati di una bici arrugginita che aveva più o meno i miei 51 anni, durante i quali mi sono limitato a passeggiare con un cancello mtb da 26, senza aver mai cambiato da solo nemmeno una camera d’aria.

Da quel giorno ho cominciato a "imparare" a fare due cose: tanti km su due ruote di tutti i tipi e giocare ai lego con vecchie bici da corsa che monto, smonto e rimonto con un solo obiettivo: fare il lungo di Gaiole (e sopravvivere a me stesso).

Nel mentre, per non perdere contatto con l’universo di origine, ho dato vita – insieme all’amico streetartista e ciclista Krayon – ad Artisticalmass, un progetto partecipato di artisti-ciclisti e alla fanzine Urbikerz che mi hanno accompagnato mentre sperimentavo itinerari eroici e non (Montalcino, Buonconvento, Celestiniana, Carrareccia, Francescana) e spendevo tempo e denaro tra bici storiche assemblate da zero (al momento sono quattro da corsa più una Graziella in usufrutto) e bici nuove e usate, barattate con i miei quadri, fino alla mia prima Brompton (il mio principale mezzo di trasporto) a causa della quale, la scorsa estate, ho fatto la conoscenza del mitico ZioBici, che mi ha proposto di seguirlo con altri dieci nipotini all’Eroica di Gaiole: quello che segue è il resoconto di questo viaggio nel tempo e nello spazio dal quale sono appena tornato (vivo, sorridente, vegeto, con tanti nuovi amici e qualche traccia di Chianti nel DNA).





L’Eroica (prologo)

Quelli bravi lo scrivono da sempre, l’Eroica comincia almeno il giorno prima con un giusto riposo e una corretta alimentazione e noi la cominciamo in dodici al Moving Hotel, quattro ruote trasformate dai bravissimi Sandra e Davide in una cucina, due bagni e dodici cuccette, il tutto parcheggiato a poche centinaia di metri dalla partenza. Arriviamo alla spicciolata in un pomeriggio piovoso in gruppetti di due/tre per auto, con me Luciano (il super-podista, anche lui alla sua prima Eroica), Kipo (il surfista che ne ha già fatte più di una) e già realizzo di essere l’impostore del gruppo, composto di sportivi che, come minimo, si è già fatta robetta come il Tuscany Trail... A Gaiole ci aspettano Andrea (ZioBici), Fabrizio, AlessandroM e Tullio (con i quali ho già avuto il piacere di condividere qualche sgambata in questo ultimo mese) e faccio la conoscenza con Alessandro, Michele, Daniele, Paolo e PaoloS (che insieme ad Andrea è qui da giovedì sera per coordinare il tutto).

A dispetto di ogni raccomandazione da sana dieta dello sportivo, la sera prima non ci limitiamo al classico carico di carboidrati ma ci spazzoliamo un numero imprecisato di taglieri di salumi e formaggi abbondantemente annaffiati da buon Chianti (salvo Kipo che chiede, invano, un chinotto, che a Gaiole non si usa…), per poi passare alla cena vera e propria, con una pasta al pesto dello chef Davide innaffiata dalle birretta che Michele ha generosamente condiviso dalla sua produzione artigianale (sportivi si, ma anche buongustai e già mi sento tra simili). Dei dodici che siamo, otto faranno il lungo dei 209km (per 3768 m di dislivello) e quattro il medio da 135km (per 2200 m di dislivello), il programma prevede comunque di partire tutti insieme tra le cinque e le sei della mattina seguente, per poi prendere ognuno la sua strada e ritrovarci al punto di partenza a fine giornata.

Andiamo a nanna ben prima della mezzanotte ma non ricordo di aver dormito davvero, non ho fatto in tempo a rigirarmi un paio di volte nella mia cuccetta che alle 3 e 45 (l’ora a cui in genere mi ritiro dopo una notte di pittate) sono stato accoltellato alla schiena dalla sveglia di Tullio (il metronomo, la guida, il nostro “uomo solo al comando”) che ci dava il tempo per prepararci, fare una fugace colazione, indossare la nostra bellissima maglia di lana rosso, giallo, verde con la scritta nera di ZioBiciRoma, pronti e via!





Eroici andate piano!

Ancora una volta ho una amnesia e non rammento nulla del breve tratto che ci ha portato in gruppo alla partenza, credo di essere rimasto in dormiveglia fino alla prima leggera discesa, quando mi sono destato all’improvviso in un buio profondo, circondato da lucciole che sfrecciavano a destra e a sinistra, realizzando solo allora che dovevo accendere il Garmin (per questo nella traccia allegata mancano i primi 5km, a proposito se volete seguirmi su Strava mi trovate come Feccia 71 che è l’alter ego ciclista di omino71). Questo è stato uno dei momenti più magici, che valgono l’intera esperienza: di notte ogni cosa assume un sapore diverso, l’ho sperimentato per anni dipingendo dopo il crepuscolo e pedalare tutti insieme, con queste bici sferraglianti, in un buio pesto e con una discreta “giannetta” è una cosa che faccio fatica ancora a descrivere: si sente una adrenalina collettiva, l’eccitazione è a mille, ma per fortuna davanti a noi c’è la luce stroboscopica di Tullio che seguiamo come delle falene tossiche, dettandoci tempo e cadenza (e poi ho accanto il saggio Fabrizio che da giorni mi raccomanda di non farmi prendere dall’impazienza e partire piano piano).

Intorno a noi una oscurità antica fino alla salita del Castello di Brolio, illuminata dalle fiaccole ai bordi della strada, altri brividi sulla schiena, qui la cosa comincia a farsi seria e si vedono già i primi che scendono per spingere o si fermano per sostituire gomme o sistemare catene, l’Eroica è veramente iniziata!

Segue la prima discesa sterrata, una delle tante che saranno impegnative quanto le salite e forse anche di più considerando le bici che stiamo pilotando e il buio di queste prime ore del giorno, si intravede e si sente un po' di fango, vista la pioggia dei giorni precedenti pensavo peggio, non avevo invece previsto la sabbia accumulata che va affrontata con una certa prudenza ma al tempo stesso decisione, insomma siamo qui per ballare e lo facciamo allegramente per la prima trentina di km mentre albeggia e si entra a Siena, terzo brivido: il giro nella nebbia di Piazza del Campo, dove ci aspetta una colazione a base di Ricciareli, caffè e Panforte e dove ci ricompattiamo, facendoci coraggio a vicenda tra foto di rito e abbracci.

Questa sarà la prima di una serie di pause in cui forse ci attarderemo troppo, ma l’Eroica è anche e soprattutto questo: condividere pedalate senza fine ma anche ristori conviviali e noi lo stiamo facendo in dodici che non è una cosa affatto banale, tra chi vorrebbe ripartire immediatamente e chi invece abbuffarsi ancora un pò, chi attacca ogni salita come uno scalatore e chi aspetta le discese da kamikaze, chi ha una cadenza regolare e chi fa l’elastico, chi ha già una crisi all’inizio e chi invece l’avrà verso alla fine, insomma tanta roba, non siamo né uno sciame, né uno stormo, ma si sente una intelligenza collettiva che ci guida in qualche modo.




Aspettando Castiglione del Bosco

Con le prime luci del giorno il freddo diventa umido e più pungente almeno fino alla seconda sosta, il ristoro di Murlo, dopo circa altri 20km, dove troviamo il tipico ristoro eroico in cui si alterna dolce e salato e compare il Chianti (che io evito, fedele alla mia regola di vita che non si bevono alcolici… prima del mezzogiorno, dopo non è più alcolismo…), con l’occasione faccio una scorta di croccanti per i momenti difficili che ci attendono, intanto mi ricarico di crostate che mangio a mò di panino, una sopra all’altra, due alla volta e via si riparte.

Poco dopo troviamo il bivio che separa i due percorsi, ci aspettiamo per salutarci e c’è già un primo cambio di programma: a Luciano, Michele e Alessandro che avevano già programmato di fare il percorso medio si aggiunge PaoloS, che non se la sente di continuare sul lungo, sostituito da Kipo che invece fa la scelta contraria e inizia una fuga solitaria (lo ritroveremo a Montalcino comodamente sbragato su un tavolino del caffè centrale a godersi il primo sole della Val d’Orcia).

Non si fa in tempo ad affrontare l’ennesimo sterrato impegnativo (se non sbaglio la quinta strada bianca) che abbiamo la prima bucatura e non potevo che essere io a inaugurare una serie di guasti che ci coinvolgeranno tra ruote forate (alla fine saranno tre), cavi del cambio che saltano, catene che cadono, deragliatori che si incastrano, portaborracce che saltano, etc. in dodici era facile sperimentarne di tutti i colori, ma sempre come un team di meccanici al pit-stop F1 e infatti in meno di quattro minuti siamo di nuovo in sella, grazie al coordinamento di Andrea e al contributo dei nipotini che smontano, gonfiano, reggono, controllano, rimontano, insomma questo è un altro dei valori aggiunti di pedalare in compagnia, cosa che apprezzo tantissimo perché io sono un paperino parafulmine a cui accade sempre di tutto.

Arriva la prima delle due salite più impegnative, quella di Castiglion del Bosco che quest’anno ho già affrontato tre volte. Qui (dove ho già rischiato di lasciarci le penne facendo una salita con la ruota frenata e poi una assurda discesa senza freni…) mi sento un veterano e affronto la salita un po' spavaldo, nonostante sia quella più dura di tutto il percorso (a mio avviso più della famigerata Sante Marie che affronteremo tra un pò), anche perché alla salita sterrata segue quella lunga che porta alla bella piazza di Montalcino dove, come anticipato, ci aspetta Kipo e un altra sosta, altra scorpacciata, tra frutta, dolce, e salato, con un numero indefinito di bruschette. Si comincia a sentire un po' di stanchezza (Castiglion incanta ma non perdona) ma si respira ancora tanta euforia, finita la sosta si parte consolati di aver quasi fatto metà percorso (anche se in realtà non abbiamo fatto nemmeno 90 km).

Continuano i lunghi sterrati, che io preferisco anche se mi rendo contro di essere in minoranza: dal confronto con i tanti partecipanti di questa e di altre ciclostoriche ho appreso infatti che i più preferiscono i tratti di asfalto (che all’Eroica sono veramente pochi) più adatti al tipo di bici anni 70/80 che stiamo cavalcando, forse perché la stragrande maggioranza è composta da ciclisti da strada che macinano km e km tutto l’anno per poi concedersi questa pausa sullo sterrato, io invece, oltre ad essere un dichiarato impostore, soffro della presenza delle auto e preferisco buttarmi per sentieri più o meno impegnativi anche se affrontati con bici inadatte, che come i calabroni non potrebbero volare, eppure volano (credenza tanto falsa, quanto consolatoria). In pratica vivo questa esperienza come un ciclista degli anni ottanta (gli emuli dei Saronni e dei Moser) che giocano a fare i Coppi e i Bartali, perché di bici veramente d’epoca ce ne sono molto poche come quella del mitico Gino che mi ha concesso uno scatto al ristoro di Murlo qualche km prima.

A tal proposito apro una parentesi per presentarvi la mia bici: per Gaiole ho preso un telaio Pinarello fine anni 70 assemblato con pezzi di “fortuna” in un frankenstein d’annata: la forcella è quella dello scatolone di ebay (che mi consente di far girare comodamente dei copertoncini tassellati Panaracer Gravelking SK da 28, soluzione stroncata dal saggio Fabrizio, il quale mi farà poi notare di essere stato l’unico ad aver bucato sia davanti che dietro), i freni sono dei Suntour Superbe (unico pezzo acquistato per l’occasione e non smontato da altre bici di recupero), le ruote trafugate da una vecchia Peugeot in rovina, il cambio uno Shimano 600 l’unico che sono riuscito a trovare in tempo per la partenza, avendo scassato il mio “storico” Suntour SVX (di cui comunque mantengo i manettini) durante l’ultima Carrareccia (fatta per più della metà in un accrocco single speed incrociando corona piccola con pignone piccolo per riuscire ad affrontare alla meno peggio sia le salite che le discese). I miei compagni di viaggio invece cavalcano dei veri capolavori tra Alan, Bianchi, Bottecchia, Colnago, Liberati, Olmo, etc. perfino una rara Surly da corsa, tutte testate e collaudate, insomma sono l’unico peone a presentarmi con un bici montata all’ultimo momento e mai provata.





Aspettando Sante Marie

Si continua su un tratto abbastanza veloce e costante, il panorama è da urlo, valli verdi a perdita d’occhio, fino a Buonconvento, al 125° km, dove arriviamo ancora in gruppo per il “pranzo”, primo pasto caldo della giornata: zuppo di farro innaffiata dall’onnipresente Chianti, qui AlessandroM (il gourmet) mi tenta per la prima volta con la birra del bar, a cui riesco a resistere: la birra post-bici per me è non solo un rito ma un vero premio che mi concedo a ogni uscita, me la tengo per la fine, per Gaiole, se la bevessi prima non avrei più stimoli, quindi resisto e mi butto sulla zuppa e sul vino che poi si riveleranno un grosso passo falso, non riuscendo a digerirli fino alla salita della SanteMarie, quindi consiglio, per chi sta leggendo e non ha uno stomaco di ferro come i miei compagni, di tenersi sul secco e sull’analcolico.

Dopo Buonconvento i due percorsi si incrociano di nuovo e siamo di nuovo in tanti a condividere la stessa strada, alla fine apprenderemo che saranno circa 800 gli eroici che hanno portato a termine il percorso lungo, quindi ZioBici sta contribuendo per circa l’1% come ci farà notare AlessandroM (che quando non propone mescite è l’uomo delle statistiche). Questo tratto me lo godo poco, alla prese con la cattiva digestione, nessuna fatica particolare ma è il primo tratto che preferisco fare in solitaria distanziandomi un po' (ce ne sarà solo un altro verso la fine) avendo finora pedalato in gruppo o con un compagno accanto: se non stavo dietro a Tullio e Alessandro M, pedalavo accanto ad Andrea (che mi ha costantemente riservato premure da chiocciola) e Fabrizio, altri tratti li ho fatti in compagnia di Paolo, Daniele e Kipo, che tra tutti ha l’andatura più “artistica”, alternando stop improvvisi, durante i quali riposa, cammina, telefona, piacioneggia, etc. a cavalcate di rango, tant’è che più volte eravamo convinti si fosse fermato, ma non si faceva in tempo a pensarlo che te lo ritrovavi incollato alle spalle.

In questa parte del percorso, tra Buonvonvento e Asciano, si alternano discese e salite, vedo diversi spingere la bici a piedi e penso che è solo l’antipasto di quello che ci attende presto, con il secondo vero scoglio della giornata, la salita della SanteMarie, intanto combatto con la zuppa di farro che fa su e giù nel mio stomaco e che mi farà rinunciare, nei due successivi e suntuosi ristori, alla ribollita (ad Asciano) e zuppa di ceci (a Castelnuovo Berardenga) e dire che alla vigilia dicevo che facevo l’Eroica solo per assaggiare le zuppe.

Al ristoro di Asciano (intorno al 150° km) ci rifocilliamo per bene (liquidi e scorte), ci aspetta infatti la famigerata salita di Sante Marie e per fortuna faccio giusto in tempo a digerire per affrontarla come piace a me, da scalatore ingenuo, ci si mette anche il vento contro ma è una bellezza affrontare questa sfida seguendo la ruota di Tullio e arrivare in cima dove aspettiamo il resto del gruppo per scattare la foto di rito davanti a quel cartello che certifica che la vera Eroica è stata fatta! Da qui bisognerà fare attenzione a non abbassare la guardia, perché anche se le cose più toste sono state fatte i km che ci aspettano sono ancora tanti e la strada appare anche più selvaggia con tratti un po' scalcinati, da mtb dico io, da gravel mi corregge correttamente Tullio, ad ogni modo impegnativa per i nostri acciai e le nostre gambe che hanno già macinato tanti kilometri.

Arrivati al ristoro di Castelnuovo Berardenga (quasi 170 km) ci fermiamo il minimo indispensabile per non rischiare di arrivare in ritardo alla porta di Pianella (che va superata prima delle 18) ma siccome sono paperino…. non faccio in tempo a ripartire che buco di nuovo… stavolta, senza un perché sul liscio asfalto, la ruota è quella posteriore che Andrea mi aiuta a riparare in tempo record, ripartiamo quindi in coppia in uno sprint al batticuore per raggiungere Tullio, AllesandoM, Fabrizio e Kipo che ci aspettano superata Pianella, dove il percorso del medio si stacca da quello del lungo e si ricomincia a pedalare in solitaria o quasi per l’ultima trentina di km.




Aspettando la birretta

Qui ho un altro momento di amnesia, non ricordo se ci siamo fermati o meno per una sosta extra, forse per riempire le borracce e aspettare Paolo e Daniele che non vediamo più, la cavalcata appena fatta mi ha un po' frastornato, non ricordo nemmeno cosa ci siamo detti, rammento però che pedalavamo in gruppo abbastanza regolarmente, nel mentre il sole cominciava a calare, il tratto era forse uno dei più tranquilli ma proprio qui arriva il mio momento di sconforto: nonostante il più è stato fatto, le salite famigerate superate, il mal di stomaco da indigestione passato, sono rimasto all’improvviso da solo nel silenzio assoluto, arretrato rispetto al gruppo che affronta le discese in modo più aggressivo del mio, non riesco a capire se sono appena dietro la prossima curva o km più avanti, comincio a sentire freddo, dopo una serie di tornanti su strada entro in un bosco buio dove non vedo né sento più nessuno, né dietro né davanti, mi sento sospeso nel tempo e nello spazio, sensazione tremenda ed esaltante al tempo stesso, il buio al calare della giornata mi pare molto diverso di quello del primo mattino, gli occhi ora fanno fatica ad abituarsi dopo una giornata di luce, mi rendo perfino conto di aver pedalato gli ultimi km indossando gli occhiali da sole che hanno aggravato questa sensazione di isolamento, decido quindi di adottare il metodo Kipo: mi fermo, mi rimetto i manicotti, indosso un gilet antivento (poco eroico ma necessario), accendo tutte le luci che ho a disposizione, mi mangio gli ultimi due croccanti, bevo l’acqua rimasta, mi prendo un po' cura della bici stringendo tutto quello che si era allentato (da un po' ogni volta che metto sulla corona grande mi ritrovo su quella piccola per via della vite allentata del manettino), rimpiango di non aver portato il necessario per pulire e lubrificare la catena che ne avrebbe assoluto bisogno, tant’è che non faccio altro che scatenare e anche se sono mezzo convinto di essermi perso (perché nel mentre non è passato ancora nessuno) riparto determinato adottando un approccio minimalista, pedalata lenta e costante lasciando sul centrale il pignone fisso e cambiando solo con la corona anteriore… poi finalmente due luci mi illuminano da dietro, non li conosco, mi sembrano francesi o comunque francofoni, ma mi regalano due certezze: non mi sono perso e ho ancora voglia di sgambettare e così ci “ingarelliamo” in un inseguimento reciproco di altri tempi, rinnovando l’eterna sfida tra cugini d’oltralpe, nel buio pesto di salite e discese, finché superiamo altri eroici sulla strada, uno dopo l’altro fino alla salita per Radda in Chianti (e sono 200km), dove raggiungo finalmente Andrea e Fabrizio che si sono fermati a bordo strada per scaldarsi e rifocillarsi, timbro al punto di controllo (venendo scambiato per il marito della fotografa) e mi fermo al bar sulla strada per uno stop tecnico, dove al tavolo trovo Tullio e AlessandroM che mi tentano con l’ennesima birra, ma resisto ancora; facciamo l’appello, siamo in cinque, riusciamo a sentire Daniele e Paolo che sono stati deviati sul medio all’altezza della porta di San Piero in Barca, mentre di Kipo non abbiamo più notizie: ero convito fosse davanti con gli altri, anche perché credo di essere stato parecchio fermo (a questo punto però non ho più certezze e mi sento un po’ come un boxer picchiatello), ma niente, deve essere nel bosco dove il telefono non prende, siamo esausti e ripartiamo in gruppo per questo ultimo pezzetto, ormai l’arrivo è questione di poco ma c’è una ultima salita verso Vertine per poi scendere a razzo per Gaiole (stavolta mi incollo al gruppo e assaporo anche io l’incoscienza dell’ultima discesa), dove arriviamo che sono le 20 inoltrate, siamo in cinque (finalmente riusciamo a contattare Kipo che nel mentre è arrivato a Radda e che ci raggiungerà più tardi a Gaiole), decidiamo di passare il traguardo paralleli uno affianco all’altro con la mano sulla spalla del vicino, chiedo ad AlessandroM di farmi mettere all’estrema destra in modo da non dover lasciare il manubrio e rischiare di far cadere tutti e cinque come birilli (sono sicuro che sarebbe successo), passiamo tra gli applausi, ultimo brivido della giornata, peccato non aver recuperato nessuna foto di questo momento magico, poi il tappeto rosso, quello riservato a chi completa il lungo, quindi la medaglia, la bottiglia e la foto di rito, ce l’ho fatta! La mia prima vera Eroica, non ci credo ancora, un anno fa la vedevo in tv come una cosa da marziani e ora sono anche io un “eroico”, grazie a ZioBici e ai dieci nipotini che mi sono stati accanto, durante, prima e dopo e ora… boh? Ma mi hanno detto che dalle parti di Brest, ogni quattro anni, fanno una cosa lunga lunga lunga…. Intanto una birretta, grazie!!!

 

LINK:

BIKEITALIA https://www.bikeitalia.it/ (dove trovate la versione "ridotta" di questo lungo diario)

EROICA https://eroica.cc/it

ZIO BICI https://www.ziobici.it/

MOVING HOTEL https://www.omeasy.org/movinghotel/

OMINO71 http://www.omino71.eu/